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F.P. Journe e il suo Chronomètre à Résonance, sfid...

F.P. Journe e il suo Chronomètre à Résonance, sfida alla precisione

Continua l’”epopea” del Chronomètre à Résonance e Journe, dopo aver proposto le versioni celebrative del ventennale del modello, lo scorso anno, continua ad omaggiarlo con una variante veramente eccezionale. Infatti, all’effetto della risonanza, fortemente funzionale alla precisione cronometrica, si aggiunge quello del Remontoir d’Égalité, un “cavallo di battaglia” del Maestro marsigliese, in modo tale da portare lo scarto giornaliero a livelli vicinissimi allo zero. Modificato anche il sistema di ricarica manuale con l’adozione di un solo bariletto in luogo dei due del precedente calibro. E in prospettiva, Journe sta preparando una straordinaria sorpresa… 

Nel rivolgersi a lui, non si può che chiamarlo Maestro. Ѐ uno dei pochissimi orologiai al quale “anche le lancette s’inchinano” per comportarsi, senza tentennamenti, secondo le sue indicazioni. François-Paul Journe illumina di luce propria il firmamento dell’Alta Orologeria da oltre 20 anni. Un periodo importante per un brand giovanissimo, in considerazione della velocità incredibile che ha dettato la crescita e lo sviluppo delle realtà nate negli anni ’90 o all’inizio del XXI secolo. Tanto importante che il Maestro marsigliese, classe 1957, lo scorso anno, proprio per celebrare il ventennale, è voluto tornare, tra l’altro, su uno di quei modelli con cui a cominciato a “firmare” la sua orologeria, ossia il Chronométre à Résonance. Racconta François-Paul: “Nel 1983 ho cominciato a lavorare per un orologio da tasca ‘a risonanza’ per un cliente. Dopo due anni mi sono fermato: era il mio secondo orologio – il primo, completato nel 1982 era un tourbillon da tasca, ndr – e non stavo lavorando bene. Probabilmente, mi mancava la necessaria esperienza. Pensavo, comunque, che un giorno avrei ripreso il lavoro su quel progetto tecnico. Quando, dopo la crisi dell’orologeria meccanica, il segnatempo da polso meccanico riprese vita, all’inizio degli anni ’90, decisi di ridisegnare il Cronometro a Risonanza, in versione da polso, trasformando il fallimento di quindici anni prima in un successo. Il percorso è stato lungo. Ricordo che, nelle fasi di test, tenevo il movimento in tasca, in una piccola scatolina di plastica. Nel corso della giornata, ogni volta che mi muovevo per camminare da una parte all’altra, prendevo il meccanismo e lo portavo all’orecchio per sentire se andava in risonanza. Andò tutto bene fino a quando cominciarono dei problemi. Per tirarmi su un mio caro amico mi disse: ‘Non importa se ci sono difficoltà, è comunque un  bellissimo movimento’. Così continuai a svilupparlo, nel 1999 il prototipo fu pronto e, nel 2000 lo presentai ufficialmente a Basilea”

François-Paul Journe, al banco di lavoro.

Assolutamente unico, il Chronomètre à Résonance (collezione Souveraine), a doppia affissione oraria, s’ispira ad un doppio regolatore a pendolo del grande maestro del XVIII secolo Antide Janvier e, poi, ad una variante realizzata nel 1815 da A.L. Breguet, nei quali è applicato il principio fisico della risonanza al fine di ottenere influenze benefiche sulla precisione dei due movimenti montati l’uno accanto all’altro. Journe ha adattato questo concetto al ristretto volume di un orologio da polso, ed è da considerarsi un’impresa complicatissima, oggetto di calcoli associati alla composizione del design tecnico con tolleranze infinitesimali. Nello spazio circolare, infatti, il Maestro marsigliese ha inserito due distinti movimenti, con due bilancieri a regolazione inerziale, oscillanti a 21.600 alternanze/ora, e altrettanti treni del tempo, a visualizzare, sul quadrante, come accennato, due affissioni orarie: l’integrazione strutturale del movimento, con ponti e platina in oro rosa a 18 carati (a partire dal 2004), è avvenuta trasformando l’impostazione simmetrica del semicerchio inferiore, in un unico ponte superiore ad accogliere i due bariletti di carica. Scientificamente, secondo il principio della risonanza, un corpo animato trasmette una vibrazione allo spazio circostante (eccitatore), e nel momento in cui un altro corpo la percepisce (risonatore), ne “cattura” l’energia ed inizia a vibrare con la medesima frequenza, così i due bilancieri (la cui frequenza di oscillazione propria deve essere la stessa), alternativamente eccitatore e risonatore, entrano in sintonia tra loro. Nel concept meccanico progettato da Journe, l’effetto positivo della risonanza si verifica fino a quando la differenza di frequenza tra un bilanciere e l’altro incide per un valore inferiore ai 5 secondi al giorno. Precisa Journe: “Nel momento in cui entra in gioco la risonanza, i due bilancieri, che oscillano in opposizione, si autoregolano in tutte le posizioni. L’orologio sarà performante, perché la risonanza equilibrerà gli effetti negativi del movimento del nostro polso. Se io sposto il braccio (con l’orologio) in una direzione, uno dei due bilancieri si muoverà più velocemente, mentre l’altro, in opposizione, rallenterà del medesimo ammontare. L’energia che condivideranno li riporterà all’andamento sincrono di nuovo, ricomponendo la perturbazione determinata dal movimento del braccio”

La migliore posizione reciproca dei bilancieri per l’ottimizzazione dell’effetto della risonanza si definisce mediante una cremagliera centrale (prolungamento del ponte del bilanciere di destra). La regolazione precisa dell’ora avviene: mediante la corona al 12, integrata nella carrure – estrazione e rotazione in senso orario per display di sinistra e, in senso antiorario, per quello di destra – e con la successiva estrazione della corona al 4, per l’azzeramento simultaneo dei piccoli secondi. Nelle versioni commemorative dei 20 anni del Chronomètre à Résonance, in platino  e in oro rosso, da 40 mm (spessore di 9 mm), che sono state prodotte solo durante il 2019, il quadrante al 9 (come quello al 3, le placche in argento massiccio lavorato guilloché sono avvitate su di una base in oro – bianco per la versione in platino e rosso 6N per quella in oro rosso – mediante tre viti) prevede l’indicazione oraria analogica su 24 ore. La riserva di carica assicurata dal calibro manuale 1499.3, è di 40 ore (consentita mediante 27 rotazioni della corona e indicata a ore 11). Entrando nello specifico del suddetto movimento, va evidenziato che ha un diametro di 32,6 mm: i due bilancieri, a spirale libera piatta, sono, come accennato, a regolazione inerziale (quattro masselottes interne) e presentano portapitoni mobili; gli scappamenti sono lineari e a 15 denti.  E questo, fino allo scorso anno: prima della variante 2019, i modelli “à Résonance” sono stati i primi 20 su prenotazione nel 2000, la prima serie da collezione nel 2001, la serie Ruthenium nel 2001-2002 (con movimento in oro rosa nel 2005) e la versione con 24 ore digitali nel 2010. Ormai lo si è ben compreso, il Chronomètre à Résonance costituisce per Journe uno straordinario laboratorio di sviluppo delle sue idee. 

Chronomètre à Résonance, versione 2019, celebrativa dei 20 anni dell’orologio, in platino, con quadrante in oro bianco e doppia affissione oraria su placche in argento massiccio lavorato guilloché: quella al 9 è calibrata sulle 24 ore. La corona al 12, una volta estratta, regola, in senso orario, il display di sinistra e, in senso antiorario, quello di destra; la corona al  4, estratta, azzera simultaneamente i piccoli secondi, ai fini di una regolazione estremamente precisa.
Il calibro manuale 1499.3, relativo all’edizione celebrativa del 2019 in oro rosso 6N, con ponti e platina in oro rosa,  presenta due bilancieri e due treni del tempo, tra i quali, il fenomeno della risonanza determina positivi effetti sulla precisione. La migliore posizione reciproca dei bilancieri per l’ottimizzazione dell’effetto della risonanza si definisce mediante una cremagliera centrale (prolungamento del ponte del bilanciere di destra). I bilancieri oscillano a 21.600 alternanze/ora e prevedono una regolazione inerziale.

Così, il maestro marsigliese, lo scorso 28 aprile, sempre sulla scia del ventennale, ha presentato l’ulteriore evoluzione di questo capolavoro. E che evoluzione! Ci troviamo di fronte a sostanziali interventi tecnici determinati dal fatto che, ad oggi, la precisione assicurata dal Résonance si aggirava tra i 5/6 secondi al giorno. Uno scarto che potrebbe risultare accettabilissimo da chiunque, ma che per gli appassionati più esigenti, parametrato ai livelli cronometrici, può essere soggetto a dei miglioramenti. E, poi, Journe, per il quale “la battaglia finale dell’orologeria e quella di combattere contro la perdita di precisione”, evidentemente, non si è accontentato e, mai abbandonando il suo concept assolutamente tradizionalista dell’orologeria, ha elaborato delle soluzioni in cui la storia del segnatempo dimostra di adattarsi perfettamente alla sua contemporaneità. Dunque, fermo restando lo schema della risonanza e  i due movimenti (le cui caratteristiche relative agli organi regolatori sono rimaste le medesime), François-Paul, ha ridisegnato totalmente l’architettura del calibro manuale, denominato 1520, il cui diametro è aumentato di 2 millimetri, rispetto al precedente 1499.3 (da 32,6 mm a 34,6 mm), intervenendo sostanzialmente sulla meccanica inerente la trasmissione di energia. 

In tal senso ha eliminato i due bariletti, prevedendone solo uno e spostando il rocchetto da ore 12 a ore 10; conseguentemente l’asse della piccola sfera della riserva di carica si trova ora al 12, invece che all’11 e la relativa scala è stata ruotata di 90°. Un accorgimento che, esteticamente, esalta il concept simmetrico dell’orologio, mentre, operativamente, porta ad incrementare la riserva di carica a 42 ore (in virtù di 31 giri di corona; prima erano 27). La ridefinizione del dispositivo di ricarica, inoltre, è stata studiata da Journe per portare la corona di carica e regolazione – sempre ultrapiatta e zigrinata a tratto obliquo – dal 12 al 2: in posizione incassata, carica la molla del bariletto; in prima posizione, se ruotata in senso orario, regola il quadrante di sinistra, in senso antiorario, quello di destra. La corona al 4, come per la precedente versione, quando estratta consente la rimessa a zero simultanea di entrambi i contatori dei piccoli secondi, al fine di garantire la precisione della regolazione oraria. Tornando al bariletto, evidentemente, la ruota di centro dovrà smistare l’energia sui due movimenti e, quindi, Journe ha previsto di splittare detta ruota in due, collegandole mediante un ingranaggio differenziale perpendicolare ad esse, con asse di rotazione operante su rubino e interagenti, in virtù di pignoni di differenze sezione e lunghezza, con le ruote mediane: in questo modo una forza eguale è distribuita sui due treni del tempo. E arriviamo al “colpo da maestro”, perché, prima di arrivare, naturalmente, allo scappamento, Journe ha sistemato, per ogni movimento, il suo celeberrimo “remontoir d’égalité”, una sua “firma”. Una simile soluzione, quasi abbandonata per un lunghissimo periodo e ripresa inizialmente da George Daniels in un orologio da tasca con tourbillon, e dal suo contemporaneo Anthony Randall in un “table-clock”, è stata rispolverata da  Journe sul suo primo Tourbillon Souverain. Il meccanismo “a forza costante”, in sintesi, consente all’energia proveniente dal bariletto, di arrivare al bilanciere in modo sempre costante e lineare, a prescindere dal livello della riserva di carica: nello specifico del calibro 1520, sempre con ponti e platina in oro rosa, il dispositivo funziona con la massima efficienza per circa 30 delle 42 ore di riserva di carica, consentendo al bilanciere di mantenere il suo isocronismo. 

Chronomètre à Résonance, versione 2020, con cui Journe ha continuato a “celebrare” il ventennale del modello. Versione in oro rosso 6N. Rispetto al precedente modello, sopra illustrato, la cassa, pur mantenendo il design originario è stata prevista, oltre che su 40 mm, su 42 mm (spessore di 11 mm, aumentato di due millimetri nel confronto con l’originale); inoltre, la corona di carica/regolazione oraria dei due quadranti, è stata spostata dal 12 al 2. Un grande lavoro di simmetria, poi, è stato fatto sul quadrante: la piccola sfera della riserva di carica si trova al 12, invece che all’11, e la relativa scala è stata ruotata di 90°; per la doppia indicazione ore/minuti/piccoli secondi, Journe ha inserito un’unica placca, in luogo delle due separate, in argento massiccio, fissata da sette viti e scheletrata al centro per consentire l’osservazione della ruota di centro e del ponte del differenziale. Rispetto alla versione dello scorso anno, è stata mantenuta la disposizione 24 ore a sinistra e 12 ore a destra, nonché la lavorazione centrale guilloché “Clous de Paris”, ma Journe è tornato a riproporre, come nella variante originaria, la scala della minuteria esterna.
Chronomètre à Résonance, versione 2020, nella versione in platino. Il fondo del quadrante è in oro bianco. 

Nell’interpretazione tecnica del Maestro francese, il remontoir è costituito da una molla relativamente debole e di “breve durata”, posizionata tra il bariletto e lo scappamento, costantemente ricaricata dalla molla del bariletto; ad intermittenza è bloccata e rilasciata per trasmettere la sua piccola ma, ciò non ostante, costante energia fino al bilanciere. In particolare, tutte le ruote del treno del tempo sono montate sulla platina di base, mentre il remontoir prevede un treno di trasmissione a parte, assemblato separatamente, con ponte mobile, il cui ruotismo di centro, connesso con il pignone della ruota dei secondi, attraverso un braccio sulla cui estremità è montato un rubino, blocca il caratteristico cricchetto dentato del remontoir, a sua volta rilasciato grazie alla molla del remontoir stesso. Questa, infatti, tiene in moto la suddetta ruota di centro del remontoir con un movimento che “sgancia” il rubino dai denti del cricchetto dentato, sul cui pignone s’ingaggia il ruotismo che trasferisce l’energia “regolarizzata” alla ruota dei secondi diretti del treno del tempo tradizionale (e poi, allo scappamento), in modo tale da effettuare un movimento a scatti in senso antiorario (ciò determina il ritensionamento della molla del remontoir e il conseguente blocco successivo del cricchetto dentato): tutto questo avviene in un solo secondo (di qui l’appellativo di Rémontoir d’Égalité d’une seconde). Grazie ad un simile accorgimento, Journe ha verificato che la fluttuazione d’energia proveniente dalla molla del bariletto viene cancellata dal suddetto meccanismo a “forza costante”, in modo da ottimizzare la precisione nel tempo, al limite della variazione “zero” nelle 24 ore: un risultato, evidentemente frutto dell’azione congiunta di Remontoir d’Égalité e risonanza. Ci si potrebbe chiedere, alla luce di un simile, eccezionale risultato, per quale motivo Journe non abbia applicato il remontoir fin dall’esordio del Chronomètre à Résonance. Il motivo sta nel fatto, secondo il Maestro, che venti anni or sono un orologio da 40/42 mm – dimensione imposta dall’aggiunta del doppio sistema a remontoir -,  non avrebbe avuto un buon impatto commerciale, dato che in quel periodo il diametro richiesto e ottimale si aggirava nell’intorno dei 38 mm (il primo Résonance misurava, infatti, 38,5 mm).

Il calibro manuale 1520, sempre in oro rosa, relativo all’edizione del Chronomètre à Résonance del 2020. Molti sono i cambiamenti, a partire dalla presenza di un solo bariletto, in luogo degli originari due, e dello spostamento del rocchetto da ore 12 a ore 10: in sostanza è stato rivisto tutto il sistema di ricarica, con attivazione mediante corona al 2 e non più al 12. In un architettura decisamente rivisitata nella disposizione e profilo dei ponti in oro rosa rifiniti a Côtes de Genève, vediamo l’importantissimo inserimento, per ognuno dei due movimenti, del dispositivo del Remontoir d’Égalité a un secondo, tra il bariletto e lo scappamento, visibile in alto, a destra e a sinistra, e rappresentato da una molla e dal sottostante cricchetto del “remontoir”: consente all’energia proveniente dal bariletto, di arrivare al bilanciere in modo sempre costante e lineare, per circa 30 delle 42 ore di riserva di carica.

Passando alla visualizzazione sul quadrante, della doppia indicazione ore/minuti/piccoli secondi, François-Paul ha optato per un’unica placca, in luogo delle due separate, in argento massiccio, fissata da sette viti e scheletrata al centro per consentire l’osservazione della ruota di centro e del ponte del differenziale. Rispetto alla versione dello scorso anno, è stata mantenuta la disposizione 24 ore a sinistra e 12 ore a destra, nonché la lavorazione centrale guilloché “Clous de Paris”, ma Journe è tornato a riproporre, come nella variante originaria, la scala della minuteria esterna. Sono sempre due le declinazioni disponibili: in platino con base quadrante in oro bianco (120.900 euro il prezzo) e in oro rosso 6N (116.700 euro al pubblico) con base quadrante nel medesimo metallo. Quest’ultima edizione non è in serie limitata ma, di certo, per coloro che possono permetterselo, non sarà facile entrarne in possesso, poiché, come noto, Journe produce non più di 1.000 pezzi l’anno.      

La suddetta battaglia finale per la perdita di precisione, dunque, per Journe è in pieno corso, e il Maestro di Marsiglia, recentemente, ha rivelato che sta lavorando alacremente allo sviluppo di uno scappamento che operi senza frizioni e, conseguentemente, che non necessiti di olii di lubrificazione. Un po’ quello che si era proposto di fare Breguet più di 200 anni fa… Si tratta di un qualcosa di eccezionale, la chiave di volta per raggiungere l’agognata accuratezza, “quasi” perfetta, per un segnatempo meccanico, che, poi, Journe, una volta perfettamente a punto, si proporrebbe di adattare ai suoi orologi, compreso il Résonance. Certo, per un ragazzo che s’iscrisse diciottenne alla Scuola Orologiera di Parigi, quasi per caso, non essendo interessato particolarmente all’orologeria, non è male… 

   


Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia

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