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L’ATTRITO E I RUBINI (3° ed ultima parte)

L’ATTRITO E I RUBINI (3° ed ultima parte)

Chiudiamo con questo intervento la lunga ed approfondita dissertazione su temi cardine, per un movimento meccanico, quali l’attrito e la funzione dei rubini. Ci occuperemo dei sistemi antiurto, studiati per proteggere gli assi di oscillazione del bilanciere, in aggiunta alla possibilità di ottimizzare le operazioni di lubrificazione.

I dispositivi antiurto che hanno visto la luce, nel tempo, sono stati moltissimi, ma quello che, decisamente, per motivi di performance, di adattamento e di fruibilità, ha avuto il maggior successo presso i produttori di segnatempo è il sistema Incabloc, che equipaggia circa l’80%  degli orologi meccanici sul mercato. I restanti  si avvalgono di sistemi autoprodotti, come, ad esempio, la Rolex con il suo “Paraflex”,  oppure i dispositivi realizzati dalla Kif-Parechoc.

Entriamo, dunque, nello specifico dell’Incabloc,  “in attività” da quasi 90 anni. Nel 1933, due ingegneri dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo, Fritz Marti e Georges Braunschweig, danno vita ad un progetto che, oltre alla protezione del fragile pivot dell’asse del bilanciere, mira alla creazione di una tecnologia modulare perfettamente adattabile ad ogni  calibro: infatti, completamente  pre-assemblato in fabbrica, può essere inserito in qualsiasi platina e ponte del bilanciere (questo è stato uno dei segreti del suo straordinario succeso). Il blocchetto completo si compone di un castone che alloggia al suo interno due rubini: il primo è forato, a sua volta, inserito in un minuto telaio che ne faciliterà la mobilità; il secondo, senza foro, con una superficie piana e l’altra convessa. Questi rubini prendono il nome, rispettivamente, secondo l’ordine di descrizione, di pietra e contropietra (o controperno). 

Dispositivo antiurto Incabloc:  molletta, pietra e contropietra.

Gruppo di contropietre.

 

Pietra montata nel supporto.

 

I due rubini combaciano perfettamente tra loro e sono inseriti nel castone, dove, nella zona perimetrale esterna, in un apposita scanalatura si monta una mollettina  dalla tipica forma a “lira” (antico strumento musicale), divenuto, successivamente, anche il logo dell’azienda Incabloc SA (a partire dal 1988). La funzione della piccola molla si dimostra di fondamentale importanza per l’assorbimento degli urti che il bilanciere sostiene. Oltre al suo disegno, che consente alla molla di toccare i rubini solo in alcuni punti strategici, fermandoli saldamente, ma senza impedirne l’eventuale spostamento, molta della sua efficacia si deve anche al materiale impiegato per la sua realizzazione. Si tratta, infatti, di un acciaio molto particolare e raffinato, denominato “durnico” : la sua composizione, povera di carbonio, unita ad un trattamento termico di indurimento a 480°, per tre ore e in un ambiente con atmosfera neutra e sottovuoto, produce un acciaio elastico praticamente indeformabile. L’azione anti-choc del brevetto Incabloc si svolge in due fasi ben precise: l’energia dell’urto non si trasferisce sull’asse ma viene completamente assorbita dalla molla; la medesima molla ricolloca le pietre nella corretta posizione iniziale.

Sezione del dispositivo Incabloc.

 

Bilancieri, montati sul movimento e smontati.

Per meglio comprendere l’efficacia straordinaria del  sistema Incabloc, diamo qualche cifra, tenendo presente che le misure dei suoi componenti oscillano nell’ordine di alcuni decimi di millimetro. A motivo delle leggi fisiche newtoniane sulla gravità, un corpo in caduta libera rispetta il seguente principio: G (gravità) = 9.8 x p (peso)”.  In breve, un oggetto, cadendo, moltiplica il suo peso del coefficiente “9.8” al metro/secondo. Prendendo, per esempio, un orologio con cassa e bracciale in acciaio, il suo peso si aggira nell’intorno di 120 grammi: se, ad esempio, mentre stiamo effettuando le operazioni di regolazione dell’ora, sfugge dalle nostre mani, considerando l’altezza media di una persona, a circa un metro dal suolo, al suo arrivo in terra il peso sarà di 1.176 grammi, ossia ben oltre un chilogrammo. L’azione combinata dell’antiurto, che ovviamente, è montato su entrambi gli assi, nel 90% dei casi salva il segnatempo dal necessario intervento della sostituzione dell’asse del bilanciere, un pratica che, in passato, prima dell’adozione dei dispositivi antiurto, era molto frequente. 

La normativa ISO 1413, che stabilisce quali sono gli standard che un orologio deve avere per essere dichiarato anti-choc,  prevede dei test molto severi.  Il segnatempo viene inserito dentro un contenitore di polimeri morbidi che, a sua volta, è collegato ad un braccio meccanico robotizzato, detto Martello; tale strumento provvederà ad eseguire  la prova battendo su un blocco in acciaio (3 cicli da cinquanta colpi suddivisi, in tutte le posizioni).

Modelli di mollette previste dal sistema antiurto Kif.

 

Sequenza di montaggio del sistema Kif.

       

Come accennato in apertura,  il principale antagonista dell’Incabloc è il Kif-Parechoc, presentato nel 1944. Il principio di funzionamento ed il numero dei componenti risulta, in sostanza, simile all’Incabloc, ma i punti di contatto con il gruppo delle pietre è minore, rendendo il sistema più elastico ma anche più delicato. Ha utilizzato, nel corso degli anni, mollette di foggia diversa, che producono tensioni differenti, ognuna con un proprio nome identificativo: Trior, Satellor, Flector, Elastor, Ultraflex. Di norma il Kif è montato in esemplari di alta gamma.

Come accennato in precedenza, alcune Maison sviluppano e  producono tecnologie personali come la Rolex SA, che recentemente ha inserito a protezione dei propri bilancieri  il “Paraflex”,  dotato di una nuova molletta avveniristica che assicura un sensibile miglioramento della resistenza agli urti sull’asse del bilanciere del 50%.

Dispositivo antiurto Kif Flector montato (in alto).

Dispositivo Kif Trior aperto per la manutenzione.

 


Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia

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