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Omega Speedmaster Calibro 321, in oro bianco Canopus, celebra il 65° anniversario della celeberrima collezione

La Maison di Bienne gioca d’anticipo, e senza perdere tempo, celebra l’importante ricorrenza di una delle sue iconiche collezioni, la Speedmaster, presentando una versione fedelmente ispirata proprio dalla prima serie del 1957, connotata dalla referenza CK 2915-1. Realizzata in oro bianco Canopus, brevettato da Omega, è la terza variante animata dall’originario calibro 321, così come ricostruito nel 2019.

Albert Piguet, nello sviluppare, per Omega un movimento cronografico con il contatore delle 12 ore, il più sottile possibile, aveva in mente un pubblico costituito da “avvocati, dottori e architetti”. Il calibro 27 CHRO C12 era uno dei più piccoli calibri crono mai elaborati, manuale, con contatore delle 12 ore, funzionante a 18.000 alternanze/ora (bilanciere con viti di compensazione e spirale Breguet), dotato di riserva di carica di 46 ore, di 17 rubini, e con smistamento delle funzioni crono mediante ruota a colonne, al servizio, evidentemente di un innesto orizzontale. Vide la luce nel 1943, nel 1944-1945, vennero introdotti il dispositivo antiurto, il bilanciere monometallico e la spirale antimagnetica e, nel 1946, vi furono altre modifiche sul meccanismo di scatto istantaneo dei minuti crono e per evitare interferenze tra il pitone e il tratto di curvatura Breguet della spirale in caso di forti shock.  All’epoca, il 27CHRO C12 ( il “27” indicava il diametro del calibro, “CHRO” stava per “chronograph”, “C12” era l’acronimo di “counter 12”, ossia la presenza del contatore aggiuntivo delle 12 ore), sostituiva i calibri 28.9 CHRO del 1932 (da 28,9 mm di diametro) e il 33.3 CHRO del 1933.  Fu impiegato, inizialmente, su casse da 32,5 mm e 35 mm. Il calibro venne ridefinito come 321 nel 1949 (320, nella variante priva del contatore delle ore crono su 12 unità) e, da quel momento fu disponibile su casse da 32,5 mm a 37,5 mm. Albert Piguet non poteva di certo immaginare che quel meccanismo, quattordici anni dopo la sua presentazione (1957), sarebbe stato vestito dal designer Claude Baillod con una cassa aggressiva e compatta, da 39 mm di diametro, definita da una lunetta con scala tachimetrica incisa (novità assoluta per l’epoca; divenne nera a partire dal 1959 su di una cassa dal diametro ampliato a 40 mm), da pulsanti a pompa, fondello chiuso a vite e da un quadrante nero – tri-compax – con lancette “broad arrow” luminescenti. 

Omega Speedmaster Calibro 321, da 38,6 mm, realizzato in in Canopus Gold™ a 18 carati, una lega speciale di oro bianco (comprendente platino, rodio e palladio, elaborata da Omega nel 2015 per esaltarne brillantezza, punto di bianco e longevità). La cassa s’ispira a quella della ref. CK 2915-1 del 1957 (proposta, in basso, nell’immagine d’apertura). I pulsanti sono a pompa e la lunetta presenta una scala tachimetrica incisa e campita in smalto nero “Grand Feu”; fondello chiuso a vite e integrato da vetro zaffiro. Il quadrante in onice nero, ospita tre contatori (minuti crono al 3, ore crono al 6 e secondi continui al 9); le lancette “broad arrow” in stile Dauphine, e gl’indici a barretta applicati sono rivestiti PVD in Canopus Gold™, e fruiscono d’inserti luminescenti. Movimento meccanico manuale, calibro 321. Costo: 81.300 euro. 

 

Ecco il calibro 321 nella sua versione originale (fedelmente riprodotto da Omega nel 2019), espressiva di una visualizzazione tri-compax (con contatore delle 12 ore). Queste le caratteristiche: 18.000 alternanze/ora, bilanciere con viti di compensazione e spirale Breguet, 17 rubini, riserva di carica di 46 ore, smistamento delle funzioni crono mediante ruota a colonne, innesto orizzontale, regolazione di precisione su racchetta.

Attraverso il vetro zaffiro integrato al fondello chiuso a vite, si può ammirare la fedele ricostruzione, fatta da Omega, del calibro 321, ufficialmente definito nel 1949, ma derivato dal 27 CHRO C12 del 1943. Ci sono voluti due anni per mettere a punto il meccanismo analizzando approfonditamente l’originale impiegato per la ref. ST 105.003. All’interno del vetro zaffiro è incisa la silohuette del cavalluccio marino (utilizzata sullo Speedmaster dal 1957), il cui occhio è stato realizzato con uno zaffiro blu, fissato all’esterno fruendo di una tecnica brevettata che prevede, tra l’altro, l’impiego del Liquidmetal.

Nessuno ha mai saputo a chi per primo venne l’idea di denominare Speedmaster quel modello, presentato con  il seguente claim: “Un nuovo tipo di cronografo, con tachimetro, studiato per la ricerca, l’industria e lo sport”. Catalogato con la ref. CK 2915-1, oltre alle caratteristiche sopraindicate, il primo Speedmaster, lanciato unitamente al Seamaster 300 e al Railmaster nel 1957, presentava una ghiera incisa con la scala tachimetrica “Base 1000, 300-60 km/h”, era impermeabile fino a 60 metri (cassa prodotta da Huguenin Fréres, corredata di guarnizioni O-Ring sui pulsanti), recava un vetro in Plexiglas, e il bracciale a tre file di maglie – con quella centrale rettangolare a base larga e le laterali di raccordo – era stato realizzato dalla prestigiosa azienda specializzata Gay Fréres. Nel 2022, dunque, cade il suo 65° anniversario e, Omega, non ha voluto perdere nemmeno un giorno per celebrarlo, svelando il nuovo e fedelissimo Speedmaster Calibro 321, ispirato proprio alla ref. CK 2915-1, con una cassa da 38,6 mm, in Canopus Gold™ a 18 carati, un esclusivo materiale, costituito da una lega in oro bianco – comprendente platino, rodio e palladio -, elaborata da Omega nel 2015 per esaltarne brillantezza, punto di bianco e longevità (il nome deriva dalla stella Canopo, 71 volte più grande e 10.000 volte più luminosa del Sole): l’impermeabilità, come l’originale, rimane assicurata fino a 6 atmosfere. Gli appassionati e intenditori della linea noteranno, senz’altro, il taglio netto delle anse, seppur allungate e, poi, il simbolo NAIAD sulla corona, specificamente aggiunto come riferimento all’accresciuta impermeabilità in alcuni dei primi modelli CK 2915. Naturalmente, non poteva mancare la lunetta incisa con la scala tachimetrica “300-60 km/h”, in questo caso, campita in smalto nero “Grand Feu” mediante cinque passaggi, con la satinatura dell’oro che ha preceduto l’ultima cottura. Osservandola, poi, da vicino, si noteranno due dei dettagli dello Speedmaster originale, destinati ai più puri collezionisti: l’iconico “Dot Over 90” (DON) e un punto in diagonale al 70. Rimanendo sul contesto strutturale della cassa, Omega ha scelto – e non poteva essere diversamente – di far vedere il calibro 321 all’opera, adattando il vetro zaffiro al fondello chiuso a vite, ma non mancando di rispettare l’originale, incidendo internamente la silohuette del cavalluccio marino (utilizzata sullo Speedmaster dal 1957), il cui occhio è stato realizzato con uno zaffiro blu, fissato all’esterno fruendo di una tecnica brevettata che prevede, tra l’altro, l’impiego del Liquidmetal. Il vetro zaffiro, con trattamento antiriflesso su entrambi i lati – non in Plexiglas, come nel 1957 -, protegge un quadrante dal colore nero intenso, di tipo “step”, costituito da una base in ottone trattato DLC ad accogliere i tre contatori crono in onice; questo stesso materiale caratterizza il rehaut e la placca superiore con i fori in corrispondenza delle sfere dei tre totalizzatori (minuti crono al 3, ore crono al 6 e secondi continui al 9). Ulteriori chicche vintage sono la “O” del logo Omega, dal tratto ovale, un dettaglio tipico dei primi modelli CK 2915 e, chiaramente, l’assenza dell’indicazione “Professional”. Le lancette, evidentemente “broad arrow” in stile Dauphine, e gl’indici a barretta applicati sono rivestiti PVD in Canopus Gold™, e fruiscono d’inserti luminescenti.  

In quest’immagine si può apprezzare l’intensità del nero sul quadrante, ottenuta con l’utilizzo dell’onice, e il contrasto con gl’indici applicati e le lancette “broad arrow” rivestiti PVD Canopus Gold.

 

Il bracciale in Canopus Gold, dal design fedele all’originale, è dotato di un comodo sistema di regolazione e da chiusura déployante con pulsanti di sicurezza.

 

Per gli appassionati, osserviamo che sulla lunetta incisa e riempita in smalto “Grand Feu”, risalta l’iconico “Dot Over 90” (DON), nonché, ma non è in vista,  un punto in diagonale al 70.

Tornando al calibro 321, un vero e proprio gioiello, che alimentò i modelli indossati durante le missioni Apollo, inclusi tutti e sei gli allunaggi, è stato riproposto da Omega , a partire dal 2019, nelle versioni in acciaio e in platino (contatori in vera meteorite lunare). A questo fine, la Maison ha riunito un team di esperti, tra ricercatori, progettisti, storici e maestri orologiai, che ha lavorato per più di due anni in totale segreto: il progetto è stato chiamato, in codice, “Alaska 11”, lo stesso con cui Omega connotava i design dello Speedmaster destinato alla NASA negli anni ’60 e ’70. Come riferimento tecnico è stata usata la seconda generazione del calibro 321, analizzato nei minimi dettagli, grazie ad un metodo avanzato di scansione digitale – tomografia, per la precisione -, specificamente quello inserito nello Speedmaster indossato da Eugen Cernan durante la missione Apollo 17 del 1972 (ref. ST 105.003). Cernan fu l’ultimo uomo a “camminare sulla Luna” e il suo Speedmaster è oggi ospitato presso il Museo Omega di Bienne: la Casa non ha ritenuto opportuno smontare un segnatempo così raro per analizzarlo. Il risultato, come detto, rispecchia fedelmente e tecnicamente il design del 321 del “periodo della Luna”, fatta eccezione per alcuni piccoli dettagli (del vetro a protezione del quadrante abbiamo già detto): ad esempio, trattamento galvanico dei ponti a base di Oro Sedna (oro rosa brevettato da Omega) e non di rame, oppure, diametro dei rubini della ruota centrale e dei minuti del dispositivo cronografico, un poco maggiore rispetto all’originale, o ancora, riserva di carica incrementata fino a 55 ore. Per completezza espositiva, va sottolineato che, nel 1959, la ref. CK 2915-1 fu proposta con lunetta incisa in alluminio nero e sfere Alpha (ref. CK 2998, compresa una variante della prima versione, ref. CK 2915-3) e, di fatto, si trattò del primo Omega Speedmaster indossato nello spazio, poiché fu scelto (un acquisto personale) da Walter Schirra per la missione Sigma 7 (nel contesto del programma Mercury della NASA), partita il 3 ottobre del 1962. La NASA in quel periodo, dopo i programmi spaziali Mercury, svolti tra il 1961 e 1963, stabilì che, per le future missioni Gemini e Apollo, e per le ipotizzate “uscite” sul suolo lunare, gli astronauti dovevano fruire del cronografo più preciso, robusto e resistente possibile, perché molte variabili operative venivano misurate in secondi e minuti. Così, nel settembre del 1964, l’agenzia spaziale americana avviò una serie di severi test sugli orologi che coinvolsero sei brand pre-selezionati e, alla fine, fu lo Speedmaster ad ottenere la certificazione “Flight Qualified by NASA for all Manned Space Missions” il primo marzo 1965. Quel modello, connotato dalla ref. ST 105.003, sul cui quadrante comparve l’indicazione “Professional” (dall’estate del 1965), venne allacciato al polso di Armstrong, Aldrin e Collins, mediante un lungo cinturino in velcro, il 16 luglio 1969 alle 05.35, circa quattro ore prima della partenza dell’Apollo 11 verso la Luna, ma anche, precedentemente, ad esempio, al polso di Ed White, primo americano a compiere una “passeggiata” nello spazio, il 3 giugno del 1965 (Missione Gemini IV). 

Lo Speedmaster Calibro 321, celebrativo de suo 65° anniversario, è completato da un bracciale in oro Canopus Gold™, dallo stesso design dell’originale,  dotato di un comodo sistema di regolazione e da chiusura déployante con pulsanti di sicurezza. È presentato in uno speciale cofanetto di legno, realizzato con un motivo che rimanda al palissandro, anch’esso ispirato al packaging originale dello Speedmaster del 1957. 

A conferma della rigorosa riproduzione dei dettagli della ref. CK 2915-1 del 1957, ecco le lancette “broad arrow” su stile Dauphine, originali, a sinistra, e adottate sul nuovo modello in Canopus Gold, a destra.

Originale cofanetto di legno, realizzato con un motivo che rimanda al palissandro, ispirato al packaging originale dello Speedmaster del 1957 e completato da lente d’ingrandimento.

 

E il costo? E già, una domanda logica e lecita che gli appassionati si porranno. Risposta: 81.300 €. Una cifra che scatenerà molti commenti, pro e contro, tenendo presente che le suindicate versioni in platino e in acciaio con il calibro 321 hanno un costo, rispettivamente, di 59.600 euro (ma con cinturino in alligatore) e di 13.400 euro. Premesso che, oggi, l’oro, al contrario di quanto si possa credere, ha un prezzo quasi doppio di quello del platino, e che imbastire una dialettica sulla differenza di 67.900 euro con la variante in acciaio, appare sostanzialmente come una perdita di tempo, ci troviamo di fronte ad un esemplare, attraverso il quale la Casa diretta da Raynald Aeschlimann, ha voluto confermare e ribadire un savoir-faire di livello assoluto, decisamente artigianale, adattato su poche unità l’anno, parallelo allo schema produttivo da grandi serie (dunque, ogni confronto con il prezzo medio dello Speedmaster è del tutto fuori luogo), semi-industriale e digitalizzato, che caratterizza la sua offerta (stiamo pur sempre parlando di collezioni storiche e iconiche, di brevetti, di soluzioni originali, di qualità a tutta prova  e, in particolare, di una certificazione, come la Master Chronometer, adottata nella gran parte dei modelli). Riteniamo non vi siano particolari o segrete strategie. Semplicemente Omega ha voluto vestire di un’allure al top dell’haut-de-gamme un tratto fondamentale della sua storia e, a mio parere, sono superflui e inutili confronti, di costo, con altri giganti dell’orologeria o, addirittura, con brand indipendenti emergenti o affermati, da poche centinaia, o meno, di pezzi l’anno, perché ognuno ha una sua tradizione, una sua identità, i suoi miti e tocca corde diverse di gusto, sensibilità, emozione e, non ci nascondiamo dietro a un dito, di potenzialità d’investimento. Su tali livelli, non è una questione di prezzo (certamente e purtroppo, per moltissimi appassionati di Speedmaster, questo modello sarà inarrivabile): l’orologio si venderà, senza problemi, e darà modo, ai fortunati possessori, di far ticchettare al proprio polso, con il suo abito più elegante e raffinato, un movimento che affonda le sue radici, come osservato nell’incipit, fino a 79 anni or sono.     

 


Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia

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